Non pagare le tasse per molti è una scelta, per altri è una condizione obbligata; almeno questo è ciò che è emerso da una conversazione svoltasi tra 2 persone, che non ho potuto fare a meno di ascoltare, essendo stato loro vicino di ombrellone l’estate scorsa in spiaggia.
Storia Reale di un Evasore Totale
Le tasse troppo alte, oltre a frenare l’economia, contribuiscono ad aumentare l’evasione fiscale più di quanto si possa credere. Pensiate non sia così? Sentite questa storia.
L’estate scorsa mi trovavo in spiaggia con moglie e figli al seguito, sotto l’ombrellone, intento a rilassarmi mentre osservavo i miei bambini giocare vicino al bagnasciuga.
Essendo agosto, il luogo era molto affollato e lo spazio tra ombrellone e ombrellone piuttosto ridotto; conseguenza inevitabile, impossibile non sentire le voci dei “vicini di spiaggia” intenti a chiacchierare.
Alla mia destra una coppia di mezza età e subito dietro un signora da sola, immersa nella lettura di un libro.
Ad un tratto arriva uno che scopro poi essere il marito, il quale dopo pochi istanti si rende conto che il signore della coppia di cui sopra è un vecchio amico d’infanzia che non vede da una vita.
Si salutano, iniziano a parlare rievocando il passato; visti i tempi, toccano quasi inevitabilmente anche il tema lavoro: cosa fa uno, cosa fa l’altro…
Uno dei due racconta che per lungo tempo ha avuto una sua azienda, con 7 dipendenti, che gli permetteva di guadagnare bene e vivere agiatamente.
Poi una decina di anni fa, con l’avvento della crisi, il lavoro è iniziato a calare, i clienti a scarseggiare, mentre invece i soldi da tirar fuori per pagare le tasse erano sempre di più.
Dice che ha cercato di andare avanti finchè ha potuto, sopratutto per non licenziare i suoi collaboratori, tutti con famiglia a carico.
Finiti i soldi che aveva messo da parte negli anni con tanti sacrifici, seppur a malincuore gli è toccato per forza di cose chiudere la baracca e mandare tutti a casa.
Praticamente, afferma, quello che guadagnava non gli bastava più nemmeno a coprire le spese; le banche gli avevano chiuso le porte del credito e i pagamenti da parte dei grossi clienti avvenivano sempre più in ritardo.
Mi son ritrovato perfino con Equitalia alle calcagna, dice piuttosto adirato, per colpa dello Stato che tutt’ora mi deve più di 1 milione di euro per lavori fatti ad enti pubblici e mai pagati.
Comunque sono stato fortunato, precisa, perchè sono riuscito a vendere il capannone con tutti i macchinari dentro, pagare i debiti che avevo con l’esattore nazionale che invece è ancora in debito con me, e togliermi ogni pensiero.
E meno male che ho una casetta di proprietà (dove vivo con moglie e figlio) che è l’unica cosa che mi è rimasta, aggiunge poi.
Io seguo il dialogo tra i due facendo finta di niente, a metà strada tra l’incredulo e il comprensivo; mi sento un impiccione ma non riesco a fare a meno di origliare.
L’amico accenna… e così, hai deciso di tornare nella terra natìa?
Col cavolo, prosegue lui. Ormai mi sono ambientato nella città in cui vivo da sempre e non vedo perchè dovrei andarmene proprio ora che le cose vanno a gonfie vele.
Io ci capisco sempre meno e mi sa che anche l’amico è piuttosto confuso. Gli chiede: ma scusa non hai appena detto che non hai più l’azienda e sei rimasto senza lavoro?
Certo che sì, aggiunge, sono stato anche in depressione per parecchio tempo e ho perfino tentato il suicidio.
Non ci ho riprovato solo perchè mio figlio riuscì a scuotermi dicendo che, se fossi morto, probabilmente sarei rimasto in obitorio visto che in casa non c’erano nemmeno i soldi per il funerale.
Così ho fatto l’unica scelta possibile per sopravvivere in questo paese in cui la politica pensa solo a sè stessa.
Continuando come un fiume in piena spiega che adesso lavora in nero, a prezzi stracciati, nessuna tassa da pagare, nessun rompimento di balle, niente commercialista, avvocati, burocrazia e menate varie.
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