Le previsioni di molti blogger stanno trovando riscontro con la realtà dei fatti: i contenuti a pagamento non riscuotono il consenso degli internauti. Diverse fonti hanno indicato che il Times dopo circa tre settimane dal passaggio ai contenuti pay ha registrato un notevole calo del traffico web.
I primi risultati sollevano forti dubbi sull’efficacia commerciale di far pagare i navigatori per la fruizione delle notizie su internet. Anche perchè è da tener presente un fatto: se io navigo sul sito di una testata giornalistica per leggere le notizie, in qualche modo un prezzo lo sto già pagando.
Sorbirmi i banner o talvolta le intrusive pubblicità nelle finestre pop up non equivale in qualche modo a pagare? O forse che i giornali online fanno passare a gratis i messaggi degli sponsor?
E’ anche vero che sempre più aziende affidano le proprie campagne al pay per action (click, registrazione, acquisto, ecc) surclassando il fatto di dover corrispondere un compenso al publisher ogni qualvolta che il proprio banner viene visualizzato.
Non sarebbe meglio agire su questo aspetto che consente a molti brand di farsi pubblicità gratuita in ogni caso, anche quando l’utente non effettua alcuna azione? A questo punto appare doveroso aprire una piccola parentesi, per confrontare la pubblicità offline con quella online.
In tv, in radio, sui giornali cartacei, gli sponsor pagano gli spazi pubblicitari in base agli ascolti o alla tiratura; perchè allora su internet gli stessi sponsor (salvo rari casi) pagano in base alle azioni degli utenti?
Anche quello che comunemente viene fatto passare come pay per click non è forse un pay per action? Molte fonti indicano un aumento degli inserzionisti su internet a discapito di carta stampata e altri media audiovisivi; grazie al cavolo!
Se faccio una campagna pubblicitaria online pago solo se gli utenti come minimo cliccano sul banner. Se l’utenza non clicca, comunque ottengo visibilità e consolidamento del brand a costo zero.
Per essere equo il web advertising dovrebbe essere pagato sia per le impression che per qualsiasi altra azione compiuta dall’utente. Tu agenzia decidi se la mia testata online, il mio sito o blog ti va bene, se le mie statistiche ti bastano, quantifichiamo il prezzo e stop.
Dopodichè se vuoi esporre i banner dei tuoi clienti devi pagare le impression, i click, le registrazioni, i download, gli acquisti di ogni consumatore che ti arriva dal mio sito.
In questo modo i publisher sarebbero più motivati a lavorare meglio, sviluppare contenuti di qualità ed aumentare la visibilità degli stessi. E forse anche le grosse testate non avrebbero motivo di voler fornire i propri contenuti a pagamento.
Purtroppo allo stato attuale la realtà della pubblicità sul web è sempre più spesso legata alle azioni che gli utenti compiono: cliccare, registrarsi, acquistare, ecc; inoltre i publisher ricevono compensi solo per una di queste azioni. Se è questa una delle cause che ha portato i grandi editori alla scelta del paywall, forse dovrebbe girare il problema agli inserzionisti?