Nell’organizzare il cenone o il pranzo di Natale, ci sono cibi che è meglio evitare; per risparmiare soldi e per non inquinare il pianeta. I prodotti provenienti dall’altra parte del mondo infatti, oltre ad essere poco saporiti, costano molto poichè percorrono migliaia di chilometri prima di arrivare sulle nostre tavole.
Il consumo durante le feste di fine anno di prodotti fuori stagione provenienti dall’estero fa aumentare di molto il costo necessario ad imbandire le tavole natalizie.
Senza contare che spesso tali prodotti (per lo più frutti esotici), vengono raccolti ancora semi acerbi per resistere ai lunghi viaggi che dovranno percorrere sopratutto in aereo, liberando nell’aria gas ad effetto serra.
In base a quanto emerso da uno studio condotto da Coldiretti, nell’ultimo decennio, sopratutto sotto le feste, l’incremento di importazione di frutta straniera è cresciuto a dismisura.
Solo per fare qualche esempio: le more dal Messico hanno avuto un incremento del 6.100%, i mirtilli dall’Argentina +560%, le ciliegie provenienti dal Cile +122%.
Sempre secondo Coldiretti per alcuni di questi prodotti, oltre al prezzo abbastanza elevato, non ci sono solo problemi relativi ad inquinamento ambientale ma anche diversi dubbi di carattere sanitario.
In vetta alla classifica dei cibi natalizi più cari e che determinano un maggiore dispendio di energia, ci sono le albicocche provenienti dall’Australia, le ciliegie e le pesche che arrivano dal Cile e i mirtilli prodotti in Argentina.
Tra gli altri prodotti presenti nella black list stilata da Coldiretti, ci sono anche le angurie del Brasile, le more dal Messico, gli asparagi dal Peru’, i meloni dal Guadalupe e i fagiolini dall’Egitto.
Classifica completa dei cibi natalizi più cari ed inquinanti
Al primo posto le albicocche provenienti dall’Australia.
Per arrivare sulle nostre tavole percorrono 16.015 chilometri immettendo nell’ambiente 29,3 kg di CO2 per ogni kg di prodotto e consumando 9,4 kg di petrolio per ogni chilo di prodotto.
Al secondo posto le ciliege e le pesche provenienti dal Cile che percorrono 11.970 km, immettono 21, 6 kg di CO2 e consumano 6,9 kg di petrolio al chilo.
Il terzo posto va ai mirtilli argentini con 11.180 km percorsi, 20,1 kg di CO2 immessi e 6,4 kg di petrolio consumati.
Seguono le angurie brasiliane con 9.170 km percorsi, 16,5 kg CO2 immessi nell’atmosfera e 5,3 kg di petrolio consumati per ogni kg di prodotto.
Le albicocche provenienti dal Sudafrica percorrono 8.600 km, producono 15,6 kg di CO2 e consumano 5 kg di petrolio.
Le more che arrivano dal Messico devono affrontare un viaggio lungo 8.319 km, producono 15 kg di CO2 e consumano 5 kg di petrolio.
Gli asparagi peruviani percorrono 7.018 km, producono 12,6 kg di CO2 e consumano 4 kg di petrolio.
I meloni che imbandiscono le tavole natalizie arrivano dal Guadalupe dopo un viaggio lungo 5.440 km, producono 9,8 kg di CO2 e consumano 3,1 kg di petrolio.
I fagiolini che per Natale arrivano dall’ Egitto, percorrono una distanza di 2.130 km, producono 3,8 kg di CO2 e consumano 1,2 kg di petrolio.
Si può evitare di ricorrere a prodotti provenienti dall’altro capo del mondo per realizzare un pranzo o un cenone natalizio eco sostenibile e all’insegna del risparmio.
La voglia di imbandire una gustosa ed originale tavola per la feste di Natale, può essere soddisfatta riscoprendo gli svariati frutti poco diffusi ma appartenenti al made in italy che valorizzano le tradizioni del territorio e garantiscono un sicuro successo a prezzi contenuti.
Si possono acquistare ad esempio le mele limoncelle, le pere madernassa, i cachi o i fichi d’India prodotti dagli agricoltori italiani.
Il tutto si traduce in un miglior rapporto qualità prezzo che fa bene al portafogli e contribuisce alla salvaguardia dell’ambiente.
Quindi risparmio garantito per il menù natalizio, pur riuscendo ad imbandire una tavola in cui si respiri l’aria delle festività e non manchi di nulla. Un tocco di risparmio ed eco-sostenibilità anche per le feste natalizie di sicuro non guasta.