Tassa sul Pellet da Riscaldamento: l’Iva Aumenterà dal 10 al 22%

tassa pelletLa proposta di innalzare dall’attuale 10% al 22 l’imposta sul pellet, uscita dalla porta dopo la bocciatura alla Camera, rientra dalla finestra e torna al Senato, con un emendamento del Governo alla legge di Stabilità. Dopo l’ok della Commissione Bilancio, di certo l’aumento dell’IVA si ripercuoterà negativamente sulle spese degli italiani che potevano risparmiare grazie a questo nuovo tipo di riscaldamento fino ad oggi molto più economico di molti altri.


Tantissime le famiglie che negli ultimi anni hanno deciso di passare alle caldaie a pellet, per abbattere i costi del riscaldamento domestico, grazie alle biomasse.

E se da una parte il Governo elargisce incentivi per l’acquisto delle stufe a pellet, dall’altra ne penalizza l’uso visto che, con l’aumento dell’IVA confermato e in vigore dal 1° gennaio 2015, a farne le spese ancora una volta saranno sopratutto gli utilizzatori finali.

Il controsenso sta nel fatto che, ferma restando la detrazione del 50% in 10 anni per l’acquisto di una di queste stufe, dall’altro si aumenta l’IVA per il combustibile necessario per farle funzionare; il solito gioco delle tre carte.

Eppure sono più di 2 milioni le famiglie che sono passate al riscaldamento a pellet per cercare di spendere meno sui costi sempre più proibitivi del riscaldamento.

Dunque dall’oggi al domani, si ritroveranno ad acquistare i trucioli pagandoli dai 50 centesimi ad un euro in più per ogni sacchetto.

Provare per credere: molti negozi lo hanno già aumentato. Vero è che si tratta di un piccolo aumento, ma se si tiene conto anche di  Tasi, Tari, Tarsu e di tutte le altre tasse che si pagano ogni anno, non c’è dubbio che le famiglie vengono messe in seria difficoltà.

Ovviamente, ad essere penalizzate, oltre ai nuclei familiari, anche le aziende che realizzano le stufe e quelle che lo producono e  lo vendono.

Evidenti i gravi effetti sul piano economico visto che, l’ennesimo prelievo forzoso nelle tasche degli italiani, porterà senza dubbio a ridurre l’entità del mercato (contrazione dei consumi in un settore fino ad oggi fiorente) del bel paese che, è bene ricordarlo, è il più importante di tutta Europa.

Scopo del provvedimento, secondo una relazione dell’esecutivo, un maggior gettito stimato intorno ai 96 milioni di euro all’anno visto che in Italia, senza considerare il mercato delle stufe e del relativo indotto, di solo pellet se ne vende all’incirca 3 milioni e trecentomila tonnellate.

Le entrate derivanti dalla gabella sul pellet, sempre secondo il Governo, dovrebbero essere destinate al fondo per la riduzione delle imposte.

Come dire: aumentiamo le tasse così usiamo i soldi ottenuti per ridurle! Un controsenso tricolore che sembra essere diventata quasi una moda ricorrente negli ultimi anni.

Il settore del pellet (materiale da riscaldamento che ricordiamo è ottenuto dalla segatura e gli scarti del legno) è tutt’altro che irrilevante per la nostra industria, se si tiene conto che dà lavoro a 42 mila persone, ovvero molto più di quanta occupazione creino quelli di origine fossile (8,3 unità lavorative per milione di euro fatturato, contro 0,5 per i derivati dalla raffinazione del petrolio).

C’è poi da dire che, il pellet che contribuisce al raggiungimento degli obiettivi europei previsti al 2020 in termini di energia termica rinnovabile, giacchè sostituisce i combustibili fossili, principali responsabili del cambiamento climatico.

Inoltre ci aiuta anche a importare meno energia dai paesi esteri; a quanto pare però queste cose sfuggono agli attuali politicanti non votati dal popolo e autoproclamatisi gestori del potere decisionale della nazione.

In attesa di vedere cosa accadrà con la nuova tassa sul pellet confermata il 22 dicembre, si accettano scommesse su quella che sarà la prossima imposta a fare la sua comparsa.

Quelle più probabili saranno: tassa sull’aria che respiriamo, tassa sui chilometri percorsi a piedi, tassa sulle parole pronunciate.

E se una di queste a breve diventasse realtà, ormai quasi non ci stupiremmo neppure. A questo punto, per risparmiare sul riscaldamento bisogna attuare nuove strategie.

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